RIVELATI I SEGRETI DI DENDERA Il Viaggio simbolico dell’anima eterna di Horus di generazione in generazione
La Mistica segreta orientale svela il significato del Loto e del
Serpente che garantivano la genealogia reale dei faraoni ‘Egitto.
a cura di Lucio Tarzariol
Per approfondire ulteriormente la mia nuova ipotesi sulle lampade di Dendera già pubblicata nella rivista del CUN (Centro ufologico nazionale) n° 31 di Archeo Misteri magazine nel maggio 2017, occorre indagare più esplicitamente proprio sul significato specifico del “Fiore de Loto” che cosa significava per la cultura egizia? e cosa significa per le culture orientali questo fiore?
Dalle mie ricerche precedenti
dovremmo aver compreso che a Dendera vi è rappresentata una “Mitologia” che
cela grandi verità su una sconosciuta “Tecnologia spirituale”. Infatti i testi
che accompagnano i rilievi della cappella di Dendera dimostrano chiaramente che
queste sono scene mitologiche, non
lampadine. Questi testi furono già tradotti da
Cauville, S (1990), Le Temple de Dendera: Guide Archaéologique, Institut
Français d'Archéologie Orientale le Caire, Cairo. Quella
che si crede essere la lampadina è la probabile rappresentazione del grembo
materno di Nut, la dea del cielo e la raffigurazione della notte o dell’occulta
manifestazione della vita che esce alla luce. La
presa della lampadina è, come abbiamo visto, il fiore di loto, mentre il filo
che vediamo dentro è il serpente che rappresenta la parte animica imperitura
dello spirito. Quindi il rilievo potrebbe essere un riferimento al sole, la
Vita che sorge, con il Hor-Semataui (Harsomtus),
"Horus che unisce le Due Terre" che spunta dalla notte (il
grembo di Nut) il ciclico suo manifestarsi.
Il serpente che esce dal fiore del Loto simboleggia anche la fertilità (forse
legato anche al diluvio del Nilo). Per quanto riguarda il pilastro Djed, è il
simbolo della stabilità, la spina dorsale del dio Osiride. Il loto è il simbolo
della creazione, della vita e della nascita nella religione e spiritualità
egizia (Pinch 2004) cosa che ben abbiamo trattato in questo articolo. Il
pilastro djed è il simbolo per eccellenza di stabilità e resistenza. Il
serpente rappresenta la forma serpente di Ra creata dalle acque primordiali. Il
campo che circonda la forma del serpente Ra è indicato nell'antica letteratura
egizia come “Energia magica protettiva in forma liquida che tutti gli dei e
faraoni possiedono” (Faulkner 1970).
Per cui è chiara la
rappresentazione della rinascita spirituale “dell Horus imperituro” che si
manifesta di faraone in faraone e la dea serpente che tenta di tagliare questo
ciclo animico perenne.
Per comprendere il
significato di questi spostamenti animici, basti pensare che per gli egizi,
addirittura, all’interno delle statue risiedeva il Ka, la sua anima, che
rappresentava in essa e per essa il dio alla quale era votata.
È
probabilmente da qui che nasce l’idea di poter “iniettare” la vita, dove questa
non è presente, ricrearla e cercare di comprenderla. Questa era la tecnologia
spirituale conosciuta dagli antichi egizi che ritroviamo anche nella segreta
concezione esoterica orientale.
Poi probabilmente vi
era anche una tecnologia meccanica andata persa del resto come non ricordare i
simulacri di Heliopolis che autonomamente scendevano dai loro piedistalli, o la
leggenda delle statue parlanti di Tebe, con le loro braccia articolate.
Numerose sono le testimonianze nella letteratura e nelle leggende antiche che
ci riportano esempi simili.
Come dimenticare
l’arcaico mito ellenico di Talôs, figlio di Kres e Antenato di Radamante. primo
fra i mitici automi, fatto di bronzo ed invincibile; si narra fosse posizionato
da Zeus o Minosse a difesa di Creta e che ripetutamente, durane la giornata,
scagliasse enormi macigni in mare e arroventasse, tra le sue enormi braccia
incandescenti, le navi nemiche che tentavano di attaccare la città. Non si sa
cosa fosse esattamente questa creatura ed è improprio provare a immaginarselo,
ma la cosa importante è capire che nell’immaginario dell’epoca esisteva, e
soprattutto aveva una funzione, aiutava l’uomo difendendolo. Per non parlare
del mito di Efesto o della leggenda del cane artificiale, costruito dagli
argonauti a difesa della loro nave. Storie
dell’estremo oriente narrano invece di statue che gettate in mare facevano
ritorno a riva in totale autonomia. Infine si possono aggiungere innumerevoli
esempi di sculture che lacrimano, sudano o sanguinano, provenienti da scritti
di Dione Cassio, ed Aristotele racconta di una venere di legno che muoveva le
sue membra grazie all’azione del mercurio.
Insomma, l’antichità è
popolata da una serie innumerevole
di questi personaggi. Del resto Filone autore della prima importante
trattazione teorica della meccanica, della pneumatica è anche autore
dell’Automatopoeica, espressamente dedicato alla costruzione di automi,
anch’esso purtroppo andato perduto; ma su
questa strada andremmo fuori tema.
Tornando a indagare sul
significato del fiore di Loto rappresentato, appare chiaro che ha influito in
molte culture di tutto il mondo, dai tempi antichi a oggi, dall’antico Egitto
all’India, passando per tutta l’Asia. Il fiore di loto è stato spesso associato
all’anima e alle divinità che da esso sono state viste nascere cosa che ricorre
in numerose leggende.
Nelle antiche credenze egiziane
La simbologia del fiore di Loto è associata alla rinascita e non si discosta nel pensiero orientale dove assume un
significato di purezza e spiritualità. Infatti le antiche divinità
indù vengono rappresentate sedute su grandi fiori di loto, Brahma siede nel loto nel
buddismo è Buddha che viene raffigurato mentre siede sul calice del fiore di
loto chiaro simbolo di crescita, illuminazione, di rigenerazione spirituale
vista la capacità del fiore di non farsi contaminare dal fango “la lordura” di
questo mondo.
Lo Yoga è una disciplina che insegna la meditazione e il
rilassamento attraverso alcune posizioni del corpo. La posizione del loto,
detta anche 'padmasana' si usa quando oltre alla meditazione si vuole
raggiungere anche un maggiore stato di consapevolezza interiore. Dallo Yoga,
che è una disciplina direttamente collegata all’Induismo, ha origine il
concetto di centri energetici o “chakra”. Il “chakra della corona”, centro
energetico situato nella parte superiore delle testa, viene anche chiamato “ il
loto dai mille petali”, mentre nella religione induista, i sette principali
centri energetici del corpo (chakra) vengono rappresentati proprio dai fiori di
loto. Nell’ Induismo e nella filosofia tantrica il loto riassume il peculiare
significato di principio creante. Detto ciò, a mio parere, è questo che
rappresentano le “Lampade di Dendera”; l’immortale parte animica rappresentata
dal serpernte che si erge dal fiore di loto. Del
resto questo è anche quello che ci insegna la misterica segreta orientale.
Appare ovvio
che per comprendere a fondo questo significato del fiore di loto e andare oltre
quanto ho già detto nella mia ricerca, dovremmo dare per scontato, come
affermo, che effettivamente nei bassorilievi delle lampade di Dendera ci sia
raffigurato il “Fiore di loto”, lo stesso da curi si erge il dio indu Brahma e
anche il dio egizio Horus, come troviamo nelle antiche rappresentazioni. Assodato
ciò, ora potremmo intraprendere il nostro supposto percorso di conoscenza
partendo proprio da questa base.
Detto ciò dobbiamo sapere che da molto tempo il Loto rappresenta il
vortice di Energia e i Chakra che vengono associati per l’appunto al Fiore del
Loto, ad esempio uno dei simboli del chakra
Sahasrara è il loto dai mille petali. Il numero mille simboleggia la
completezza e la perfezione e rimanda al significato del chakra della corona
come meta della nadi* principale Sushumna.
*Secondo la visione indiana e più prettamente yogica,
il corpo umano è attraversato da circa 72.000 canali trasportatori di energia
che partono dalle dita dei piedi e delle mani, percorrono l'intero organismo e
arrivano al cuore, centro della spiritualità, e da qui salgono sino al vertice
del capo, centro di congiunzione tra il corpo fisico e l'universo circostante.
Il complicato sistema delle Nadi, una sorta di rete sottile di canali (in
sanscrito nadi significa letteralmente "vena", "canale"),
ha la funzione di collegare e convogliare le diverse energie vitali, attraverso
le parti del corpo umano e i vari centri sottili (Chakra) del corpo umano.
In esso si innalza, per l’appunto la forza del “Serpente
Kundalini”, che simboleggia il risveglio delle potenzialità umane e, a mio
parere, nelle lampade di Dendera questo serpente è rappresentato dal serpente
dentro la “lampada” che si erge dal fiore di loto. Il fiore di loto, che cresce
dal buio e dalla melma per poi divenire un fiore puro, rappresenta lo sviluppo
della consapevolezza umana dalle qualità animali relative ai chakra inferiori
verso la radiosa luce dell’anima.
Per cui dal calice centrale del loto si erge il “Fuoco immortale,
la parte animica”. La mistica segreta ci
dice che alla base di quest’involucro si trovano tre atomi: l’unità mentale,
l’atomo permanente astrale, e l’atomo permanente fisico. I
due atomi permanenti sono composti di materia del primo sottopiano superiore,
l’unità mentale del quarto dei sette sottopiani di materia mentale. Nel settimo
sottopiano fuori del Loto dimora l’atomo permanente mentale o manasico.
Il terzo dei Tre Loti a 12 petali è chiamato in più modi: Calice
Supremo[1], Calice dell’Anima e “corpo causale[2]”.
È chiamato corpo causale perché quel calice o corpo è la causa prima della vita
dell’uomo. Il suo significato implica la motivazione per la quale l’uomo vive
sulla Terra. Il corpo causale, a differenza dei corpi eterico, astrale e
mentale inferiore, persiste per tutta l’evoluzione di un uomo, attraverso le
diverse incarnazioni. Il suo principio divino corrisponde a “Manas superiore”
cioè alla “mente superiore”. Ecco che a Dendrea era rappresentata la
“tecnologia spirituale” che garantiva e testimoniava la rinascita generazionale
di Horus in ogni faraone dignitario che governava l’Egitto Eccovi svelato il
segreto rappresentato dalle lampade di Dendera,
Non è una caso che si dice che nel chakra Sahasrara risieda Shiva,
la “Consapevolezza pura”. Lo scopo dello yoga, ad esempio, è scoprire Shiva e
ricongiungerlo a Shakti, la forza che sale dai chakra inferiori verso l’alto.
In questo modo si compie il definitivo distacco dal ciclo della rinascita.
Ogni “loto”, si caratterizza per avere un numero specifico di
petali, un particolare “Yantra” o forma geometrica, un mantra è associato ad un
elemento, ad un senso e ad un colore. Non solo gli esseri umani ma anche la
gran parte degli animali ed alcune piante avrebbero sette Chakra
principali. Per cui abbiamo compreso che i chakra sono
centri energetici di consapevolezza che si trovano nel corpo umano indicati
anche come vortici energetici o centri di forza. Le prime linee guida per la
loro attivazione risalgono già nelle Upanishad, i testi sacri della religione
vedica indiana (circa 500 a.C.; si veda Shandilya Upanishad, Cudamini
Upanishad). In Egitto in tale data, guarda caso, siamo in epoca pre Tolemaica,
infatti la dinastia tolemaica (dal nome del capostipite Tolomeo
Sotere) governò l'Egitto
ellenistico dal 305
a.C. al 30
a.C., cioè fino alla conquista romana. Infatti si afferma
che il Tempio di Hathor fu completato in epoca romana, 250 anni dopo
l'inizio della sua edificazione, sotto il regno tolemaico, ancora oggi è considerato
una delle costruzioni più tardive, ma meglio conservate d'Egitto. Per cui
rimane chiara l’influenza delle culture che lo eressero.
Sopra la Casa della Nascita sopravvissuta a Dendera, fu ricostruita
dal’Imperatore Augusto presso le rovine di quella eretta da Nectanebo, ed è
decorata con le incisioni aggiunte dall´Imperatore Traiano. Esse si collegano
alla nascita del figlio di Horus, che crebbe fino all´età adulta, sconfiggendo
i nemici di suo padre Osiride e salendo al trono dell´Alto e del Basso Egitto.
Il proposito di mantenere quest´antica tradizione era mostrare che Horus (che
si identificava con il primo Faraone d´Egitto) era il germoglio degli dei. In
conseguenza ogni sovrano successivo che riconosceva questa tradizione mostrava
che anch´egli, sarebbe stato considerato discendente di Horus, e così poteva
ottenere la sanzione divina. Il conferimento delle corone, e l´offerta
dell´insegna sacra da parte dei sacerdoti locali avrebbero indicato il
riconoscimento di questo diritto di regnare.
La Casa della Nascita di Augusto a Dendera fu convertita in una chiesa
nel V secolo, e nell´area fu costruita una Basilica Cristiana.
Detto ciò dobbiamo affermare che per alcune culture è credenza comune
credere che i centri di energia abbiano la forma di Loti o Ruote Fiammeggianti
nel cui centro sta nascosta proprio la Vita che può essere una Coscienza
Cosmica o una coscienza umana, perché il loto simboleggia tanto il macrocosmo
che il microcosmo; per cui il serpente che si erge dal loto rappresenta questa
energia. Nella Dottrina Segreta, infatti, è detto che il Loto è il prodotto del
“Fuoco e della Materia”. Infatti Brahma è nato dal loto, egli vi dimora,
rappresentando l’azione; perciò è chiamato il Kamal-asana, il Seduto nel Loto
proprio come lo era Horus per gli Egizi. Questo concetto come abbiamo visto
nelle antiche rappresentazioni è raffigurato alla stessa maniera sia dagli
egizi che dagli orientali, ed è per questo che molti “Esseri divinizzati”
portatori di sapienza sono simbolicamente i nati dal Loto.
Sopra a sinistra due divinità orientali sopra il fiore di loto e
a destra il giovane Horus che nasce anch’esso dal fiore di loto. Gli Egizi in
questa immagine, nella quale un dio si porta le mani alla bocca, raffiguravano
il processo vitale che si dà con l'alimentazione e, nella metafora mistica, la
trasformazione dell'individuo conseguita con l'interiorizzazione dei principi
d'identificazione magico/iniziatica che si collegano all'emersione delle
facoltà solari rappresentate dal sorgere di Horus con il 'dito in bocca' sopra
un fiore di loto, dalle acque primeve del Nu. Come mostra il dattaglio di una
piastra di faience della XXIII dinastia che si trova al Royal
Museum, in Scozia. Oltre ad
Horus, anche Hihi, dio adolescente, figlio di Hathor, dea
cosmica, è rappresentato con il 'dito in bocca'. Nelle celebrazioni di
Nectanebo I a Dendera, durante le feste di Hathor,
che celebravano la rinascita dell'anno misterico al ventesimo giorno
del primo mese dell' inondazione del Nilo, il giovane Hihi è
raffigurato mentre ogni giorno, all'alba solare, suona il
sistro guidando gli adepti verso un nuovo inizio. Questo aspetto
metalinguistico dell’immagine del ‘ dito in bocca’ è riscontrabile nella X ora
del Libro egizio degli inferi, che illustra il viaggio del sole nella
zona infera, dalla quale il principio solare rinasce dopo il viaggio
notturno, papiro n° 133 da Deir el - Bahari, XIX dinastia, oggi al Museo
del Cairo, tradotto da Boris de Rachewiltz.
Del resto ben sappiamo che il Tempio di Dendera è conosciuto come
“la Casa della Nascita” che segui la “Casa della Vita” che originariamente era
ad Abydos. Ecco perché troviamo il giovane Horus rappresentato nel suo nascere
dal Loto. Non a caso, le tradizioni di Hathor a Dendera sono strettamente
legate a quelle di Horus di Edfu. Le due divinità erano in posizione
equivalente, marito e moglie. Ad ogni sito, la sacra triade consisteva di
Hathor, Horus ed il loro figlio, che portava un nome differente in ciascuna
località. Il nome Hat-hor, significa "la Casa di Horus" e la dea
forma parte di una triade insieme con Horus di Edfu, ed il loro figlio, che a
Dendera era Ihy, il giovane dio della musica.
Horus è spesso raffigurato come un bambino seduto su un fiore di loto. Gli,
stessi quattro figli di Horus vengono rappresentati mentre escono da un fiore
di loto. Il dio Nefertum, figlio di Ptah, il “Fuoco Creativo”, nasce da questo
fiore. Addirittura il letto sul quale Iside e Osiride erano nati era un loto. Detto
ciò ecco che a Dendera era rappresentata l’immortale “Parte Animica” che avanza
di generazione in generazione, rappresentata dal serpente che si erge dal fiore
di loto dentro le “lampade” e non solo. Il serpente rappresenta il
Sole Bambino, Horus Sematawi (“Colui che riunifica le Due Terre”),
mentre sorge nel fiore che è un altro simbolo solare. Non a caso, la cripta si
trova nell’angolo S-E del tempio rispettando la topografia celeste degli
edifici religiosi egiziani. Ricapitolando, il filamento è invece il rettile,
l’ampolla è il bocciolo, il cavo è il gambo, la base a vite della
lampadina è il pilastro djed, segno di stabilità che sorregge il loto
permettendo la prima creazione della vita e la sua ripetizione ciclica
giornaliera. Il serpente simbolo anche della fertilità, non a caso veniva
portato in processione durante le feste dedicate al dio che si celebravano i
primi giorni del raccolto. Durante questi eventi, i sacerdoti trasportavano una
barca sacra in cui veniva collocato proprio ciò che è raffigurato sulle
pareti della cripta e che si può vedere meglio in un’altra versione in cui
Horus ha la fattezza del falco.
Una diceria afferma anche che il loto nasce dall’ombelico di Vishnu,
perché l’ombelico di Vishnu o conoscenza integrale è “Desiderio necessario”, di
cui la forma primaria, come è inserita nel testo del Veda è: “Possa
essere partorito (come progenie molteplice)”. (Ecco che torna chiara
la mia intuizione e interpretazione delle lampade di Dendera, la coppia
rappresentata con la femmina incinta e il suo evolversi finché il figlio
diviene adulto e porta il suo dono di consapevolezza agli Dèi).
Da questo Desiderio centrale ed essenziale, la Volontà di vivere,
deriva tutto il divenire. In questo divenire dimora Brahma, e da lui e con lui,
cioè con attività incessante, sorge e si manifesta il mondo organizzato, il “Tribhuvanam”,
ossia il triplice mondo.
Fra i tanti vortici che costituiscono il corpo di manifestazione ve n’è
uno che riveste un’importanza fondamentale per l’individualità, il Loto Egoico,
formato da 12 petali o vortici minori, ed a mio parere è quello che si trova
alla base delle lampade di Dendera.
Nel Trattato del Fuoco Cosmico è detto che: “La forza o energia
che si riversa dai piani superiori (il respiro della Monade o se volete il Centro
di Forza e Coscienza) produce un vuoto, o qualcosa di simile ad una bolla
nel Koilon, e l’involucro del corpo causale, l’anello invalicabile della Vita
centrale, è formato”.
I petali disposti a cerchio nel Loto sono a loro volta dei vortici
minori contenuti nel grande vortice, il Loto. Nell’uomo il Loto principale è
il Loto Egoico o corpo causale. Questo Loto ha dodici petali.
Il corpo causale è la corrispondenza nella manifestazione monadica del
centro del cuore. È una ruota fiammeggiante di fuoco nell’uovo aurico, che
abbraccia i cinque piani della manifestazione monadica; è anche visto come Loto
dai dodici petali. Questo vortice o corpo è formato dalla materia dei tre
sottopiani superiori del Piano Mentale. Al centro di questo vortice dimora
Quello che in Oriente è chiamato il Gioiello nel Loto.
118 Pranava Vada, pp. 84, 311.
I tre aspetti della Monade si riflettono nei tre piani successivi a quello monadico in Atma, Buddhi e Manas; nel Piano di Manas il processo di corrispondenza o la legge dei frattali, si riflette nei primi tre sottopiani mentali colorandoli rispettivamente dell’aspetto Volontà, Amore, Conoscenza. Questo triplice vortice a sua volta per ogni sottopiano divide ulteriormente la materia i tre stati, generando ognuno una triplice vibrazione, per un totale di 9 petali, mentre il nucleo centrale, ossia i tre petali interni sintetizzanti, incarna l’aspetto del puro Spirito. (E come avrete visto tre sono i petali grandi alla base della “Lampada di Dendera”, da cui seguono due più piccoli che tridimensionalmente diventano 12; per cui ciò che si erge è puro Spirito animico). Ognuno di questi tre petali è connesso ad uno dei tre vortici, e si organizza .......... continua
I mistero delle lampade di Dendera. La nuova ipotesi - Tarzariol, Lucio - Ebook - EPUB | IBS
"Tutto è in questo testo specificato dettagliatamente, quelle
lampade non servivano a illuminare come credono alcuni studiosi. Appare chiaro
che quell’energia rappresentata dal serpente che si erge dal fiore di loto che
è alla base delle lampade della cripta di Dendera assume un significato legato
al dio Nefer-Tum. (Realizzazione perfetta di Atum), una delle espressioni della
luce e della resurrezione. Infatti, questi templi sorgevano sempre vicino a
fonti d’acqua, ed è noto che la presenza del loto sulle acque del Nun segnava
proprio la rinascita del processo di trasformazione della materia in spirito,
della temporalità in luce come già saggiamente sapeva J. F. Champollion che
comprese il vero significato del fiore di loto, dedicando la sua intera vita
all’interpretazione dei geroglifici egizi comprendendo anche la loro triplice
coesistenza del valore: figurativo, simbolico e fonetico. Lo stesso termine
geroglifico deriva da due termini greci: hieros=sacro e glyphein=incidere; per
cui nella cripta abbiamo incisioni sacre che hanno a che fare con la
religiosità della “Creazione”. Horus, o meglio “lo spirito di
Horus”, “La Luce creatrice”, in una sua rappresentazione, sorge dal fiore
di Loto come i serpenti nelle “lampade” della cappella di Dendera come a
indicarci che Lui stesso è un anima giovane consapevole, un essere “Creato”,
che giunge dall’alto “Archetipo divino del Dio”, il “Serpente sparviero o
meglio il falco”, La Luce animica del cielo ai massimi livelli; mentre “l’anima
umana”, dovrà ancora evolvere, devono passare molti cicli prima che diventi
anch’essa un “Horus”. Vi ricordo che l`iniziato egizio prendeva posto nel
“Vascello solare”, per solcare le “Acque”, cioè il cielo ed era accompagnato,
per l’appunto, “dalle Divinità”. Un`invocazione a Ra riferisce: “…i serpenti
cantano e ti esaltano. I divini serpenti illuminano le tenebre per te. Le tue
due “figlie-serpenti” ti trainano nella tua forma… Le dee serpenti dell`Uranos
ti acclamano, le dee serpenti ti rendono lodi…”. Vi invito a fare attenzione
sulle parole “ti trainano nella tua forma” che ci riportano alla “Creazione” e
anche ai casi noti delle abduction che presentano analogie per scopi non
chiari. Infatti, guarda caso, nelle rappresentazioni della cripta
ritroviamo anche il noto “Serpentone” delle abduction, (in un bassorilievo
appare una figura rettile a destra con i coltelli in mano), o se volete, il
biblico “Diavolo separatore cacciato dal Paradiso a corrompere la razza umana”;
la necessaria “parte duale”; in ogni caso un “Serpentone” proteso a tagliare
questo “ciclo animico” di “Esistenza”; ed in certi bassorilievi pare lo
confermino anche i geroglifici ivi raffigurati e tradotti".
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Articolo di Lucio Tarzariol pubblicato sulla rivista
Archeomisteri magazine del CUN n. 31 – maggio 2017
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